Adorazione Novembre 2014

Autore: Rettoria di San Grato
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ADORAZIONE DEL MESE DI NOVEMBRE 2014

 

         La nostra chiesetta, come la maggioranza delle chiese della Diocesi, non è mai stata consacrata, consacriamola noi pregando con questa bellissima pagina biblica.

 

“Salomone si pose davanti all’altare del Signore, di fronte a tutta l’assemblea d’Israele e, stese le mani verso il cielo, pregò così: Signore, non c’è un Dio come te, né lassù nei cieli né quaggiù sulla terra! Tu mantieni l’alleanza e la fedeltà verso i tuoi servi che camminano davanti a te con tutto il loro cuore.

Ma è proprio vero che Dio abita sulla terra? Ecco, i cieli e i cieli dei cieli non possono contenerti, tanto meno questa casa che io ho costruito! Volgiti alla preghiera del tuo servo ed alla sua supplica, Signore, mio Dio, per ascoltare il grido e la preghiera che il tuo servo oggi innalza davanti a te! Siano aperti i tuoi occhi notte e giorno verso questa casa, verso il luogo di cui hai detto: Lì porrò il mio nome! Ascolta la preghiera che il tuo servo innalza in questo luogo. Ascolta la supplica del tuo servo e del tuo popolo, quando pregheranno in questo luogo. Ascoltali nel luogo della tua dimora, in cielo; ascolta e perdona!

Quando il tuo popolo sarà sconfitto perché ha peccato contro di te, ma si converte a te, loda il tuo nome, ti prega e ti supplica in questo tempio, tu ascolta nel cielo, perdona il peccato del tuo popolo e fallo tornare. Quando si chiuderà il cielo e non ci sarà pioggia perché hanno peccato contro di te, ma ti pregano in questo luogo, lodano il tuo nome e si convertono dal loro peccato perché tu li hai umiliati, tu ascolta nel cielo, perdona il peccato dei tuoi servi e del tuo popolo, ai quali indicherai la strada buona su cui camminare, e concedi la pioggia alla terra che hai dato in eredità al tuo popolo. Quando sulla terra ci sarà fame o peste, carbonchio o ruggine, invasione di locuste o di bruchi, quando vi sarà piaga o infermità d’ogni genere, ogni preghiera e ogni supplica di un solo individuo o di tutto il tuo popolo, di chiunque abbia patito una piaga nel cuore e stenda le mani verso questo tempio, tu ascoltala nel cielo, luogo della tua dimora, perdona, agisci e da’ a ciascuno secondo la sua condotta, tu che conosci il suo cuore, poiché solo tu conosci il cuore di tutti gli uomini, perché ti temano tutti i giorni della loro vita.

Anche lo straniero, che non è del tuo popolo, se viene da una terra lontana, perché si sentirà parlare del tuo grande nome, della tua mano potente e del tuo braccio teso, se egli viene a pregare in questo tempio, tu ascolta nel cielo, luogo della tua dimora, e fa’ tutto quello per cui ti avrà invocato lo straniero, perché tutti i popoli della terra conoscano il tuo nome, ti temano come il tuo popolo e sappiano che il tuo nome è stato invocato su questo tempio che io ho costruito.

Quando il tuo popolo uscirà seguendo la via sulla quale l’avrai mandato, e pregheranno il Signore rivolti verso il tempio che io ho costruito al tuo nome, ascolta nel cielo la loro preghiera e la loro supplica.

Quando peccheranno contro di te, poiché non c’è nessuno che non pecchi, e tu, adirato contro di loro, li consegnerai ad un nemico, se, rientrando in se stessi, torneranno a te supplicandoti nella terra della loro prigionia, dicendo: Abbiamo peccato, siamo colpevoli, siamo stati malvagi, se torneranno a te con tutto il loro cuore e con tutta la loro anima e ti supplicheranno rivolti verso il tempio che io ho costruito al tuo nome, tu ascolta nel cielo, luogo della tua dimora, la loro preghiera e la loro supplica. Perdona al tuo popolo, che ha peccato contro di te, tutte le loro ribellioni con cui si sono ribellati contro di te, ed abbi compassione, misericordia, perché si tratta del tuo popolo e della tua eredità, di coloro che hai fatto uscire dall’Egitto, da una fornace per fondere il ferro.

Siano aperti i tuoi occhi alla preghiera del tuo servo e del tuo popolo e ascoltali in tutto quello che ti chiedono, perché te li sei scelti tra tutti i popoli della terra come tua proprietà”.

Cfr 1 Re 8, 22-54

 

Introduzione

 

         Un giovane padre domenicano che oggi la Chiesa venera come beato, Jean Joseph Lataste, viene mandato in un carcere femminile a Cadillac a predicare un ritiro; erano i giorni 15, 16 e 17 settembre del 1864, giusto cento e cinquanta anni fa.

Quella predicazione segnerà profondamente padre Lataste e indicherà una via di libertà per molte di quelle donne detenute. Altre donne scoprirono nel messaggio del giovane Domenicano un’autentica possibilità di rivoluzione spirituale e sociale. Con il passare degli anni uomini carcerati, preti, vescovi e moltissima gente trovò nel suo insegnamento i lumi per una direzione sicura di cammino.

La congregazione delle Domenicane di Betania, uno dei frutti di quella predicazione, ha celebrato a settembre un triduo di preghiera per celebrare quell’avvenimento; la nostra comunità, nel suo piccolo, utilizzerà i testi prodotti in quella occasione (tradotti dal francese dalla nostra suor Maria Silvia) per tutto l’anno pastorale 2014-2015 per rivivere con le nostre Suore la gioia e la grazia di questo evento.

 

Dalla predicazione di padre Lataste del 15 settembre 1864 (primo sermone):

 

“Dio non vi ha condotto qui, Dio non vi castiga così se non perché vi ama. Se egli non vi amasse, se avesse voluto perdervi, gli sarebbe stato assai facile: non aveva che da lasciarvi dove eravate”.

 

“Qual è dunque stato lo scopo del Signore facendovi condurre così di forza in questa casa di pena? Quello di castigarvi, di punirvi per le vostre colpe?… Sì, probabilmente anche questo, ma si tratta ancora e soltanto di un motivo secondario. Volete sapere il suo primo scopo e il principale motivo della sua condotta nei vostri confronti? Ascoltate lui stesso parlarci attraverso il suo profeta: Io, dice, quelli che amo li rimprovero e li castigo. Sì, dice l’apostolo, egli castiga colui che ama. Talvolta vediamo dei genitori che, per falso amore, non hanno il coraggio di castigare i loro figli che diventano così, per loro, causa di numerose future cadute, e di molte disgrazie. Forse parecchie di voi non sarebbero qui se i vostri genitori si fossero preoccupati di correggervi fin dall’infanzia, e di punire tutte le vostre colpe. Il cuore umano, infatti, è come un albero: quando è ancor giovane è facile fargli perdere una brutta piega, raddrizzarlo quando pende da un lato, ma, più tardi, è assai più difficile, ché, allora, bisogna fargli violenza, legarlo, e non sempre, a quel punto, l’operazione riesce; anziché raddrizzarlo, spesso lo si spezzerà”.

 

“Notate ancora. Non so se vi siete accorte di una cosa. Appena ho iniziato a parlarvi, come vi ho chiamate? Mie care sorelle. Sì, mie care sorelle! Capite? Dopo tutto, chi siete per me? Ieri non vi conoscevo, e fra qualche giorno ci separeremo forse per non rivederci mai più sulla terra. C’è di più. Voi siete delle donne degradate (tra noi possiamo essere sinceri: siamo in famiglia). Siete delle donne degradate, avvilite, messe al bando dalla società; se usciste di qui, se si sapesse da dove venite, sareste additate da tutti, si diffiderebbe di voi, nessuno vi vorrebbe, forse neanche come serve o come donne di fatica. Non che io approvi questo, so bene che spesso è ingiusto e crudele, tutto ciò che volete. Le cose però vanno così. E adesso immagino che, invece di presentarvi come serve o come donne di fatica, vi rechiate a trovare un’altra ragazza o un’altra donna della vostra età e che, stendendole la mano, le diciate: Sii la mia amica, considerami tua sorella, ti voglio bene. Probabilmente, se lei sapesse chi siete, la vedreste respingere la vostra mano, forse con pietà, ma anche con disgusto. Povera donna, direbbe tra sé, ma che mi chiede costei? Una ladra, una pregiudicata, un’avvelenatrice forse, un’infanticida, che so’? Povera donna, eccovi del pane se volete, ma non posso aver alcun rapporto di amicizia con voi. Tirate via! Ecco la risposta più dolce che vi si potrebbe dare.

E io, ministro di Dio, consacrato, sia pur del tutto indegnamente, al servizio dei suoi altari, votato per tutta la vita alla privazione di tutto ciò di cui voi avete abusato, volontariamente legato dai voti perpetui di povertà, obbedienza e castità, io vengo a voi di mia volontà, senza aspettare di essere da voi invitato e, tendendovi le mani, vi chiamo così: mie buone, mie povere, mie care sorelle.

E questa mia non è una parola banale; per voi sono prontissimo a fare ben di più ancora. Vi basta volerlo, vi basta considerarlo, vi basta presentarvi alla porta del santo tribunale e lì non sarò più per voi soltanto un fratello, sarò per voi tutto ciò che vi è di più dolce e di più amabile sulla terra. Mi chiamerete: Padre mio! e io vi chiamerò: Figlie mie! E, se volete, si instaurerà tra di noi una relazione di intimità tra le più franche, più sincere e più cordiali che possa mai esistere. Vi aprirò il mio cuore e voi mi aprirete il vostro, e questi vincoli, anche se dureranno soltanto lo spazio di qualche giorno, saranno così forti e così sacri, che la stessa morte non li potrà distruggere e che li ritroveremo in cielo un giorno, se ci andremo, sia voi che io!...

E qual è il motivo per cui mi siete così care, voi che il mondo dimentica e disprezza?... Perché siamo i ministri di un Dio che vi ama, nonostante le vostre brutture, di un amore quaggiù senza pari, di un Dio che vi insegue senza tregua col suo amore, di un Dio che, già adesso, nell'istante in cui vi parlo, sta invisibilmente alla porta del vostro cuore, e si serve delle mie parole per bussare a quella porta e dirvi con voce appena percepibile: Povera figlia, dammi il tuo cuore. Torna a me e io tornerò da te. O anima, anima, torna al Signore tuo Dio. Torna al tuo Dio che ti chiama, torna a lui poiché egli torna a te...”

 

“Sapeste com'è buono questo grande Dio da cui vi siete separate e che vi che vi chiama! Sapeste com'è bello amarlo e vivere nella sua amicizia!”.

 

“Povere anime, quanto vi amo, anche e nonostante le vostre cadute; e come vorrei essere la mano ci Dio che ora vuole aiutarvi e rialzarvi. Voi, perlomeno, mi avete capito, voi mi capite quando vi parlo della felicità che si assapora allorché si serve Dio e lo si ama”.

 

“Non siete felici qui, vero? Questi lavori incessanti, queste grandi mura, queste porte spietate che non si aprono mai, questo spaventoso silenzio che nulla viene a rompere e che vi pone di continuo di fronte a voi stesse, questa costante schiavitù, queste regole, questi ordini, questi padroni e padrone cui vi tocca obbedire tutto il giorno, questa privazione di tutte le comodità e di tutte le gioie della vita, questa povertà totale... soprattutto questa lontananza da tutti quelli che vi sono cari, da tutti quelli che avete amato nella vita, dai vostri padri, dalle vostre madri, dai vostri fratelli e sorelle, forse da vostro marito, forse dai vostri figli che amate ancora e tanto, nonostante le vostre colpe, tutto ciò è assai duro, assai penoso e deprimente, non è vero?

E tuttavia esistono altre persone che erano libere, che spesso erano ricche, circondate da ogni agio e seduzione e che, volontariamente, hanno rinunciato a tutte queste cose, a tutte le speranze e a tutte le gioie del mondo, volontariamente si sono strappate dalle braccia delle loro madri, delle loro sorelle, da tutto ciò che amavano nel mondo e, al loro posto, hanno scelto ciò che voi avete qui: mura, porte chiuse, il lavoro, il silenzio, l'obbedienza continua, la povertà più rigida, la privazione di tutte le comodità e di tutte le gioie della vita, anche le più dolci e le più legittime... Queste persone sono le religiose (cioè le monache e le suore)... Chi dunque ha potuto indurre queste persone a tali rinunce e a tali scelte? O sono pazze, oppure si sono decise a questo con la speranza di avere qualcosa di meglio di tutto ciò che hanno abbandonato, e bisogna pure che la loro speranza non sia andata delusa poiché, se voi poteste, come certe persone, riuscire ad avvicinarle e porgere furtivamente l'orecchio ai loro colloqui durante le ricreazioni, le sentireste ridere con tanto gusto, e talvolta così forte come faceva santa Teresa d’Avila Chi le rende felici in mezzo a tante privazioni e alle prese con una vita così dura? Una cosa sola: l'amore di Dio, amare Dio ed essere amate da lui, ecco la felicità. E così, gli stessi motivi di sofferenza diventano per esse motivi di gioia”.

 

“Carissime sorelle”

 

Di fronte ad un pubblico sconosciuto e poco abituato a vivere tre giorni di ritiro spirituale, il giovane predicatore Jean Joseph Lataste, condizionato dai pregiudizi del suo tempo, sente uno stringimento di cuore e il morale a terra. “Che cosa potrà mai venire di buono da un tale uditorio?”. Come non pensare alla domanda di Natanaele: “Da Nazareth può mai venire qualcosa di buono?”.

Nel susseguirsi degli incontri con le donne di Cadillac, un’altra domanda nascerà bruciante nel cuore di padre Lataste: “Che cosa diventeranno una volta uscite da qui?”. Questa frase rivela padre Lataste come vero discepolo di san Domenico, che lungo le notti implorava e supplicava: “Mio Dio, mia misericordia, che ne sarà dei peccatori”.

Tra queste due domande scaturisce, come da una potentissima sorgente, il famoso: “Carissime sorelle”. Padre Jean Joseph, diventa fratello di tutta l’umanità, di un’umanità peccatrice, ma salvata per amore. Si riconosce fratello di queste donne disprezzate, ristabilite nella loro dignità grazie all’amore salvifico del Signore.

Ripensando alla propria storia si sente pienamente fratello di queste donne!

La qualità del loro perdono per coloro che le avevano trascinate nel male, l’umiltà nel riconoscere le loro colpe, le rende più aperte ora all’amore di Dio, di quanto non lo fossero prima di sbagliare.

Il nostro beato padre Lataste prende coscienza che siamo tutti fratelli e sorelle in Adamo, creati e modellati della stessa terra e della stessa carne.

Anzi, meglio ancora, la sua meditazione orante lo porta ad un passaggio ulteriore: siamo tutti fratelli e sorelle in Gesù Cristo, tutti salvati dallo stesso sangue, tutti riscattati dall’inestimabile prezzo della carne di Dio, Padre di ciascuno di noi.

Betania è il compimento finale di questo cammino spirituale e rivoluzionario scaturito dall’adorazione e dalla meditazione del beato padre Jean Joseph.

Siamo davvero sorelle, totalmente, eternamente e amorosamente sorelle, per la vita e per la morte. Cosa importa il passato di ciascuna? Il presente è la nostra scuola di fiducia reciproca, di comunione fraterna, di amore in spirito e verità.

Nel secondo ritiro il “Carissime sorelle” diventa “Carissime figlie”. Il fratello in umanità diventa padre misericordioso, la cui tenerezza ha dato la gioia della speranza in un luogo dove regnava la disperazione nuda e cruda.

Questa paternità spirituale ci spinge a diventare madri in spirito e verità, madri spirituali per tutti i feriti dell’amore, conosciuti o sconosciuti, vicini o lontani. Gesù ci ricorda che il prossimo è colui che si fa vicino, è per questo che una maternità spirituale betaniana, frutto della nostra fraternità di grazia, può raggiungere tutti i figli di Dio, di ogni continente, di ogni religione, di ogni cultura.

Una Suora domenicana di Betania

di Montferrand le Château

 

Per la riflessione

 

Mi sento veramente e profondamente fratello/sorella, di coloro che preferirei tenermi a distanza?

 

Vibro di tenerezza per coloro che incontro?

 

Vedo chi mi vive accanto, come colui o colei che il Signore affida al mio amore, ricordandomi della frase del beato Jean Joseph: “E’amandoli che li salverete?”.