La preghiera - parte 1

Lectio 20 ottobre 2017

 

Laura Verrani

 

Primo incontro sulla preghiera

 

Il tema che affronteremo quest'anno è quello della preghiera. Lo tratteremo in tre serate.

La prima è questa. Ho pensato di dedicarla alla preghiera nell'Antico Testamento, mentre le altre due saranno incentrate sul Nuovo Testamento: la preghiera di Gesù.

Vedremo questa sera il salmo 22. Anche questa è preghiera di Gesù. Non solo lui conosceva la Scrittura, i Salmi, ma è morto con questo salmo, è a questo salmo che lui pensava mentre stava morendo, è una preghiera che è diventata sua in modo singolare.

Il salmo 22 è tratto dal Salterio, è preghiera dell'Antico Testamento.

Nell'Antico Testamento di salmi ce ne sono disseminati qua e là soprattutto nei libri storici, però di fatto il grosso delle preghiere è tutto contenuto in un unico libro che è il Salterio costituito proprio solo da preghiere. Lì è confluita tutta la tradizione orante del popolo d'Israele.

Se vogliamo sapere come pregava l'uomo biblico sicuramente il Salterio è un tesoro prezioso.

Dentro questi centocinquanta salmi ne ho scelto uno, per tanti motivi, primo fra tutti il fatto che in questo salmo si concentrano due movimenti che sono proprio caratteristici di un po' tutte le preghiere dei salmi: quasi tutti i salmi si giocano su questi due registri.

Il salmo 22 dunque è costituito da due momenti.

Il primo in cui tutto va malissimo. E' un salmo di lamento fino al versetto 19. Poi all'improvviso c'è un movimento di risalita, un'impennata quasi, poi nella seconda parte diventa un salmo di lode.

Questa doppia dinamica è caratteristica di questo salmo che tiene tutti e due insieme questi momenti, quello del lamento e quello della lode.

Fondamentalmente l'uomo biblico, che prega, prega a partire dalla realtà. E la realtà (semplificando molto) è di due colori: o va tutto bene, allora l'uomo biblico ringrazia e loda, o va tutto male e allora ci si lamenta.

Nella preghiera quindi si prende contatto e si interagisce con la realtà e la realtà è di uno di questi due colori.

La realtà dunque... Il primo passo è questo: come sta andando.

Qui si comincia che va proprio male, dal versetto 13 fino al versetto 19, quindi per sei versetti. Lo spiega anche un po' nel dettaglio che cos'è che va male. Chi sta pregando si sente circondato da tori, da cani, da leoni, da malfattori, si sente in pericolo.

Nel salmo non è mai troppo detto che cosa effettivamente stia succedendo, che cosa sta vivendo quest'uomo davvero non si capisce, dice come lui si sente, ma non è detto che cosa è capitato quel giorno. E questo è anche bello perché rimanendo nel generico queste immagini vanno bene in qualsiasi situazione.

Il punto è che lui si sente circondato da tori... sta andando male e l'uomo biblico si lamenta.

Il secondo passo importante per pregare, secondo la Bibbia, è che non si fa finta stia andando tutto bene. L'uomo biblico non mette su la faccia contrita e dice: offro tutto per la salvezza delle anime.

La lamentela va benissimo. Però perché vada benissimo l'uomo biblico non sbaglia indirizzo.

Quello che fa andare benissimo la lamentela è il fatto di farla all'indirizzo giusto. Non è mettersi nella preghiera con la faccina devota e contrita, essere davanti a Dio molto rispettosi, chiamarlo eccellenza eminenza e poi col primo che capita giù tutta una serie di lamenti.

L'uomo biblico si lamenta con Dio.

Il salmo inizia così: Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?

Dunque lamentarsi va benissimo, però lo si fa con il Signore.

Questo ci consegna due cose belle.

Una è che nella preghiera biblica anche quando va proprio tanto male, comunque l'uomo che prega non è mai solo, perché immediatamente ha sempre un tu davanti che è il Signore. Magari per dirgli: perché stai facendo questo? Io sto male di continuo e tu non rispondi. Magari per staccargliene quattro, per dirgli che non sono d'accordo su quello che sta succedendo, però sempre dandogli del tu.

Anche in quel salmo terribile, nel senso dei più neri, quello della compieta del venerdì, “Mi sono compagne solo le tenebre”, anche lì comunque il salmista ha sempre un tu davanti.

Questo significa che l'uomo che prega, anche se si sente circondato da tori..., per il fatto di mettersi davanti al Signore, esce immediatamente dalla sua solitudine. Non è mai solo.

La seconda cosa che dicevo da vedere è questa familiarità.

L'uomo dell'Antico Testamento quando si rivolge a Dio anche solo per lamentarsi non lo chiama vostro onore. E' questa immediatezza con cui gli si chiede anche conto di quello che non sta andando, è l'intimità.

Primo passo dunque. La preghiera parte dalla realtà. Se sta andando male ci si lamenta, però ci si lamenta con chi conta e nel farlo il primo risultato è che non sei mai solo, non sei solo da subito.

Secondo passaggio.

Dal versetto 4 “Eppure tu sei il Santo… tu abiti la santa dimora, in te confidarono i nostri padri, a te gridarono e non rimasero delusi...”. Dopo essersi messo davanti al Signore, lo sta guardando e sta venendo fuori chi sia il Signore. Ma tu sei quello che abita tra Israele, sei quello che non ci ha mai deluso ecc. Subito dopo “Ma io sono un verme non uomo”. Sicuramente diverse volte questo è già venuto fuori, ma è bello ritrovarlo e farlo emergere.

La preghiera quando è vera, autentica, quando è un essere a contatto con Dio, porta sempre a galla queste due realtà: chi sei tu al Signore, chi sono io.

Dicono le Fonti Francescane che la preghiera di san Francesco, quella che ripeteva continuamente, era in sostanza questa: “Chi sei tu altissimo Iddio mio e chi sono io vivissimo disutile verme”.

Il secondo momento della preghiera è una messa a fuoco su questi due soggetti della preghiera: chi è il Signore, chi sono io. Se davvero sto pregando viene fuori questo.

E come facciamo a far venire fuori chi è il Signore?

Facciamocelo dire da questo qui che sta pregando, è un esperto.

“In te confidarono i nostri padri, a te gridarono e furono salvati...”. Lui chi sia il Signore lo recupera a partire dalla memoria.

Come faccio a tirare fuori chi ho davanti in questo momento davvero. Posso farlo facendo memoria, ripercorrendo la storia, ricordando quello che ho già vissuto con lui, quello che altri hanno vissuto con lui.

Ricuperando e facendo memoria, emerge, si mette a fuoco il volto del Signore e qual è questo volto.

Lui se ne rende conto: “In te confidarono... furono salvati... non rimasero delusi...”. Tu sei quello che non delude. Questo sei tu.

Secondo momento di obiettività, seconda messa a fuoco però sarà su se stessi. Io sono verme e non un uomo... rifiuto degli uomini... disprezzato dalla gente...

Questo è un momento di grande obiettività, se la preghiera è vera emerge chi sono io e può darsi che questo in certi momenti faccia male.

A lui sicuramente in questo momento non deve fare un gran bene. Ci sono momenti in cui la preghiera fa un po' male perché porta a galla chi sono.

E' importante rimanere in questa obiettività, non mettersi la foglia di fico, ma se mi passate l'espressione “calare le brache”, perché si fa prima, perché conviene.

Poi c’è la terza messa a fuoco del salmo.

Prosegue: mi circondano tori numerosi... emerge con maggiore lucidità che quella è la realtà. Su ciò che sta succedendo lui perde un po' di tempo e la descrizione si conclude con questi versetti che ricordano il vangelo di Giovanni: si dividono le mie vesti... sulle mie vesti gettano la sorte...

Siccome chi sta scrivendo non sa niente di Gesù, non sta parlando di Gesù. Che poi la cosa si sia adattata perfettamente... Io credo semplicemente che queste espressioni significhino che chi mi sta attorno sta solo aspettando di farmi fuori, si stanno dividendo le mie vesti. Quello che veramente desiderano è mettere una pietra sopra di me... in sintesi la definirei una situazione di morte.

Ecco la terza messa a fuoco: io sono in una situazione di morte.

Quello che sto vivendo, qualunque nome abbia, qualunque sfumatura possa acquisire, ognuno ha la sua, è una situazione di morte. Io la sto vivendo come una morte.

E qui il salmo comincia ad impennarsi verso l'alto. Ma tu Signore non stare lontano. Mia forza accorri in mio aiuto. Salvami dalle fauci del leone e dalle corna dei bufali...

Ma tu salvami. Quando ti accorgi che ci possono essere i tori... ma tu... che ci possono essere i leoni... ma tu... che ci possono essere i cani ed i malfattori, ma, congiunzione avversativa, tu l'avversario delle avversità, salvami, tu mettimi nella vita.

Questo capoverso finisce con un versetto: tu mi hai risposto.

Come, a questo punto della preghiera, il Signore ha risposto? Cosa vuol dire? Da cosa capisco che mi sta rispondendo?

Facciamocelo ancora dire da quest'uomo.

Il salmo è attribuito a Davide. Non sappiamo se effettivamente è di Davide, ma l'analisi del testo ci permette di dire che perlomeno siamo nel suo tempo, il che significa che siamo nei testi più antichi dell'Antico Testamento, certo nel mille avanti Cristo. E' una voce che ci viene veramente dalle profondità della storia, una delle più antiche ad essere stata scritta. Allora fidiamoci di questo qua che ha una certa esperienza. Cerchiamo di capire.

Ma cosa ti ha risposto?

Guardiamo di che cosa comincia a parlare adesso. E' come se cominciasse a vedere cose diverse. Non vede più i tori, i leoni, la morte che c'è attorno.

Incomincia a citare i miei fratelli, l'assemblea, la discendenza di Giacobbe, la discendenza di Israele, i poveri che si saziano, i confini della terra, quanti dormono sotto terra... Il paesaggio sta cambiando attorno a lui. E' come se la situazione in cui lui si trova si spalancasse e si aprisse poco per volta e lui riuscisse a vedere sempre più avanti fino ai confini della terra e poi si spinge fino ai confini della morte “quanti dormono sotto terra”.

E' come vedersi aprire, esplodere la realtà attorno a lui tanto che i confini conosciuti non bastano più.

Tenete conto che il mille avanti Cristo è un tempo in cui alla vita dopo la morte non ci crede ancora nessuno. Lui non ci crede. Però la preghiera lo sta spingendo avanti, oltre quei confini. In qualche modo anticipa quello che scopriranno cinquecento anni dopo.

L'ultimo versetto “Ecco l'opera del Signore, si parlerà del Signore alla generazione che viene: annunceranno la sua giustizia, al popolo che nascerà diranno: Ecco l'opera del Signore”.

Notate che questa espressione ricorda un po' la Pasqua. Ecco l'opera del Signore, ecco quello che il Signore ha fatto... Ma letteralmente in ebraico qui il Signore non c'è. E' la versione greca che ha aggiunto “del Signore”. L'espressione ebraica è molto semplice e significa “perché ha fatto”.

Che cosa è successo?

E' successo che lui pregando ha incominciato a vedere sempre più avanti, sempre più avanti. Però alla fine del salmo ci fa capire che non è solo questione di sguardo.

Non è solo che lui ad un certo punto vede le cose in modo diverso. Non è solo il suo sguardo che è cambiato, perché la firma finale dice qualcosa di più, qualcosa di molto pratico: ha fatto. Allora mi hai risposto, alla fine tu hai fatto.

Vuol dire che mentre lui si è inoltrato nella preghiera, non è cambiato solo il suo sguardo su Dio, su se stesso, sulla realtà. E' proprio cambiata la realtà, è successo qualcosa, perché la preghiera ha messo in moto un cambiamento reale, per cui alla fine puoi dire: “il Signore ha fatto”.

Tante persone rispetto alla preghiera hanno un atteggiamento un po' di grande rispetto però “io sono un tipo più sul pratico”.

Ma attenzione, perché nella Bibbia il tipo pratico è l'uomo che prega.

La preghiera non è il contrario della pratica, anzi... se avete visto tutto è cominciato dalla realtà, si parte dalla realtà, ma si torna alla realtà, alle cose reali, concrete... “hai fatto”. In mezzo però è passata la potenza del Signore.

Allora molto probabilmente quest'uomo che sta pregando ci sta insegnando che l'unico modo serio di trasformare la realtà è passare attraverso la preghiera.

Allora i tipi veramente pratici sono le persone che pregano.