Adorazione Luglio 2010

 

 

ADORAZIONE  PER  LE  QUARANT’ORE

2 luglio 2010

 

         Dio gridò a Mosè dal roveto: “Mosè, Mosè!”. Rispose: “Eccomi!”. Riprese: “Non avvicinarti oltre! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo!”.

(Esodo 3, 4-5).

         Dio ci doni uno spirito veramente contemplativo, capace di ascoltare la sua voce, ma al tempo stesso cosciente di una “distanza di rispetto” da conservare, Dio ci insegni a stare al nostro posto, con lui e con il prossimo, senza invadenze indebite e inopportune.

 

Il commento rabbinico così commenta questo passo: “Il Santo, benedetto Egli sia, disse a Mosè: Non senti che io sono nel dolore, proprio come Israele è nel dolore? Guarda da che luogo ti parlo, dalle spine! Se così si potesse dire, io condivido il dolore di Israele, del mio popolo!” (Es. Rabbà 2, 5).

 

         Conosco le tue sofferenze… io sarò con te… Io sono il Signore! Vi libererò…

                                                                                      (Esodo 3, 7. 12. 6, 6)

         Ancora una volta, a più riprese, viene fuori chiaramente dalla Parola, chi è Dio…!

 

         Il Signore disse a Mosè: Vedi, io ti ho posto a far le veci di Dio…

                                                                                  (Esodo 7, 1)

“Cristo non ha più mani, ha soltanto le nostre mani per fare oggi le sue opere. Cristo non ha più piedi, ha soltanto i nostri piedi per andare oggi agli uomini. Cristo non ha più voce, ha soltanto la nostra voce per parlare oggi di sé. Cristo non ha più forze, ha soltanto le nostre forze per guidare gli uomini a sé. Cristo non ha più Vangeli che essi leggano ancora, ma ciò che facciamo in parole e in opere è il Vangelo che lo Spirito sta scrivendo” (Preghiera di un anonimo fiammingo del XV secolo).

 

         Dice il Signore: La mia potenza è per divulgare il mio nome in tutta la terra.

                                                                                                (Esodo 9, 16).

         Fedeltà all’originale significa trasmetterne il significato.

 

         Che significato ha per voi questo rito?

                                         (Esodo 12, 26).

         “Non celebrerete inutilmente se voi sarete quello che celebrate”. Un autore africano del VI secolo

 

         Non abbiate paura! Siate forti e vedrete la salvezza del Signore, il quale oggi agirà per voi; perché i nemici che voi oggi vedete, non li rivedrete mai più! Il Signore combatterà per voi, e voi starete tranquilli.

(Esodo 14, 13-14)

         Il Signore ci doni di credere che lui non è lì per esaudire i nostri desideri, sarebbe troppo poco e non sarebbe Dio, ma il Signore adempie alle sue promesse! A questa contemplazione e consapevolezza deve portare il nostro cammino spirituale.

 

         E allora con Mosè e con le generazioni che ci hanno preceduti potremo finalmente cantare l’inno dei salvati:

 

 

         Mia forza e mio canto è il Signore, egli è la mia salvezza.

                                                                      (Esodo 15, 2)

 

PREGHIAMO

 

Dalle preghiere del beato Padre Luigi

 

“O Signore, siccome mi hai usato tanta misericordia fino ad ora, ti prego di compiere e decisamente e definitivamente la tua opera; convertimi davvero e per sempre.

E’ vero, la mia ingratitudine non merita altro che abbandono, e non mi dà diritto a nuove grazie, ma suvvia, se non lo merito io, lo meriti Tu per la tua incredibile misericordia.

Son tanti anni che mi perseguiti con la tua tenerezza, una così lunga costanza merita di essere coronata dal più felice dei successi; fammi subito, tutto e per sempre tuo!

O Signore, sarà anche per te un bel trionfo della tua misericordia: ne hai tutto il merito, tutto il diritto, non farti dei torti, trattati secondo ciò che meriti!

Ma, Signore, se voglio temere tutto per la mia debolezza, voglio infinitamente confidare in te e nel tuo tenerissimo amore da cui sei preso per me, che sono una miserabile tua creatura”.

 

Dal libretto sul monastero di Chieri

 

Tra le pagine dei libri della biblioteca, alcune monache, rimaste anonime, nel corso degli anni, hanno lasciato inavvertitamente alcuni appunti personali. Questi frammenti aprono una finestra sul clima spirituale che si vive in monastero.

 

“Sembra che quella sorella abbia antipatia con me, quindi voglio trattarla con più affetto possibile”.

 

“Voglio non perdermi troppo nelle cose piccole per non rimpicciolirmi di cuore”.

 

“La preghiera consiste nel parlare con Dio di tutti i miei bisogni, come figlia a Padre, esprimergli il mio amore, ascoltare ciò che Lui mi dice, parlargli delle mie difficoltà nella vita spirituale. La preghiera è un colloquio del figlio di Dio col suo Padre celeste”.

 

“Ciò che più offende Dio è la mancanza di confidenza in lui; quindi dire spesso: io credo, o mio Gesù, che tu puoi fare di me una santa e salvare tante anime.

Dopo agire con questa convinzione.

Il santo è l’uomo di poche parole, semplici ed elementari verità, assimilate però completamente, vissute sino in fondo e portate sino alle ultime conseguenze. Seguendo questi filoni d’oro, l’anima perviene dove mai avrebbe sperato di giungere”.

 

Dagli scritti della beata Elisabetta della Trinità

 

“Signore, tu che puoi rinnovare interamente il mio cuore, spezza, brucia, strappa tutto ciò che non ti piace in me”.